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Tempo pieno quasi vuoto

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È tanto tempo che non scrivo, ci sarebbero un sacco di cose terribili delle quali parlare, davvero troppe.
Ma mi va di parlare di scuola, però non del 5 in condotta, che considero l’unica cosa azzeccata della ‘riforma’ Gelmini. D’altronde si tratta di uno specchietto per le allodole e ce ne voleva uno fatto bene per coprire quello che si intendeva fare veramente.
Evviva il 5 in condotta!
Però la storia di oggi è quella del Miur, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che sta raccogliendo i dati delle pre-iscrizioni al prossimo anno scolastico e ha già in mano i dati relativi a un campione di circa 900 scuole primarie italiane.
Da questi dati emerge che il 3% delle famiglie ha scelto le 24 ore, il 7% le 27 ore, il 56% le 30 ore e il 34% le 40.
Cosa significa? 56% sommato a 34% significa che il 90% delle famiglie ha scelto il tempo pieno per i propri bimbi.
Sono solo dati parziali, ma sono perfettamente in linea con le statistiche ufficiali del Ministero relative agli anni passati. Chissà se il Ministro li ha mai letti, quei dati.
Stamattina per radio ho sentito un suo breve intervento dove diceva più o meno che le famiglie italiane sono state influenzate dalle sinistre e dalle imponenti manifestazioni di qualche mese fa, un’uscita della quale stranamente non ho trovato traccia negli articoli che ho sfogliato in rete.
Certo, nel mondo di Mariastella è in base a motivi ideologici che la gente sceglie per il proprio figlio un modello orario scolastico, mica in base alle esigenze di una vita sempre più difficile, esigente e onerosa.
Ma lei che ne sa del mondo fuori dal Palazzo? Non credo possa mancare qualcosa a un Ministro della nazione di quelli che si arrangiano a fare tutto, per cui, via, ci si può anche arrangiare a fare l’esperta di pedagogia. Infatti sulla presenza di più insegnanti nella stessa classe ha di nuovo scosso la testa: ‘credo non abbia portato a buoni risultati’.
Se pensiamo che di tutte le Scuole Italiane, quella Primaria era la migliore, presa a modello perfino all’estero, Stati Uniti compresi, come possiamo interpretare queste parole?

Ma torniamo a noi.
I modelli orari a 24, 27 e 30 ore sono quelli con il maestro unico di riferimento, così possiamo dire che il 66% del campione di famiglie italiane ha scelto il maestro unico.
Ma quelle erano le possibilità di scelta, così il dato lascia il tempo che trova e non rappresenta se non parzialmente le preferenze delle famiglie italiane a favore o no del maestro unico. Per non fare torto a chi mi conosce, diremo che il 66% degli italiani ha scelto di mandare il proprio figlio a scuola nel 1966.
Il punto importante è questo: il 90% delle famiglie italiane ha scelto il tempo pieno. E adesso cosa facciamo?
Il Ministro ci rassicura: ‘Le risorse per il tempo pieno non solo non sono state tagliate ma sono state confermate. E grazie a un migliore impiego, sono aumentate. Quindi, non ci saranno problemi e sarà possibile rispettare il tempo pieno e la scelta delle famiglie’.
E sia, fidiamoci di Mariastella. D’altronde è il Ministro dell’Istruzione che presenzia alla manifestazione per i 70 anni dalla nascita di Giorgio Gaber affermando che lo si dovrebbe studiare nelle scuole, ma nello stesso tempo diserta l’incontro con i 100 sindaci veneti di destra e di sinistra in difesa del tempo pieno. Da incorniciare la stoccata di Claudio Baccarin su Il Mattino di Padova: ‘Per dirla sempre con Gaber: libertà è partecipazione’.
Ma sì, fidiamoci di Mariastella, però meditiamo pure su quanto dice Tuttoscuola, l’autorevole mensile che da più di 30 anni informa sul mondo della scuola, riportato stamani su tutti i giornali.
Il succo è questo: ci sarà disponibilità di organico a condizione che si tiri parecchio la cinghia con il modello a 24 ore, e visto il regolamento vigente prevede che l’organico del primo ciclo (le vecchie prima e seconda elementare) che verrà commisurato sulle 27 ore, verranno liberate risorse per le 30 ore in misura pari alle ore risparmiate per le 24 ore.
Per cui a conti fatti ‘due terzi delle prime classi (67%) risulterebbe con il modello orario a 27 ore settimanali (benché solo il 7%, secondo il sondaggio del ministero, abbia scelto quel modello orario). Insomma di quel 90% di italiani che gradiscono un tempo medio lungo di 30-40 ore settimanali risulterebbe soddisfatto un terzo, perchè il 27% di classi a 40 ore e il 3% a 30 ore fanno un totale complessivo del 30%, mentre il 60% si dovrebbe accontentare dell’orario breve di 27 ore. Considerando che gli iscritti al primo anno della primaria sono circa 500 mila (511 mila nel 2008-09) sarebbero circa 300 mila le famiglie alle quali potrebbe non essere accordato il tempo medio lungo richiesto’.
Sulla base di cosa verranno scelte queste famiglie? A sorteggio? Sulla base del reddito? Chiederemo a mamma e papà chi hanno votato nelle ultime elezioni?
Comunque la si metta, questa è l’ennesima storia esemplare di una Italia superficiale e raffazzonata dove chi non sa decide per chi sa e dove chi paga è sempre il più debole.
Col consenso del più debole.

Articoli:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200903articoli/41553girata.asp
http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=19407
http://iltempo.ilsole24ore.com/2009/03/03/996431-tempo_pieno_maestro_unico.shtml
http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/la-rivolta-dei-sindaci-veneti-ma-la-gelmini-non-si-presenta-al-confronto-sui-tagli-al-tempo-lungo/2070746/6

Non è un fotomontaggio, ma la copertina di Panorama del Settembre 2008.

Non è un fotomontaggio, ma la copertina di Panorama del Settembre 2008.

Perché il NO al Decreto Gelmini

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22 Ottobre 2008.
Silvio Berlusconi, quel signore che alla fine di una campagna elettorale come le fa lui, piena di odio e perfidia, dopo aver vinto e dichiarato che avrebbe governato bene per tutti gli italiani, anche quelli che non l’hanno votato, mostra il pugno di ferro a chi non è d’accordo con le imposizioni del suo governo.
In migliaia sono scesi in piazza per protestare contro il decreto che la sua fida Ministra Mariastella Gelmini ha voluto, un decreto di fronte al quale brilla persino la riforma Moratti, che almeno una sua logica l’aveva. Perversa, ma l’aveva. Queste migliaia di persone evidentemente non sono gli italiani per i quali Berlusconi ha promesso di governare bene, oppure non sono abbastanza intelligenti per poter capire la bontà delle decisioni del Premier. Forse stanno fraintendendo, forse lo scopo della riforma Gelmini è solo un modo per stroncare la fuga dei cervelli alla radice, evitando di produrre cervelli.
Per Silvio migliaia di persone che scendono nelle piazze non sono soggetti da ascoltare e con i quali confrontarsi, non sono soggetti coinvolti direttamente nel settore in cui con tanta leggerezza si vuole andare a rimestare. Migliaia di persone in piazza sono per il Presidente del Consiglio ‘una violenza’. Difatti ha dichiarato: ‘convocherò Maroni per dargli indicazioni su come devono intervenire le forze dell’ordine. Lo Stato deve fare il suo ruolo garantendo il diritto degli studenti che vogliono studiare di entrare nelle classi e nelle aule’ e ha rincarato ‘Avete 4-5 anni per fare il callo su queste cose. Io non retrocederò di un millimetro’.
Non c’è che dire. Davvero un omino disposto al dialogo.
Dice Berlusconi: ‘La sinistra parla di 86mila insegnanti in meno. Falso. Con la riforma nessuno sarà cacciato. Ci sarà solo il pensionamento di chi ha già raggiunto l’età e il blocco del turn over. La sinistra tenta di costruire un’opposizione di piazza’ e aggiunge rivolgendosi a Mariastella: ‘Ti sei sbagliata, non è maestro unico ma prevalente. affiancato dall’insegnante di lingua straniera, religione e di informatica’.
Notate che la frase ‘ci sarà solo il pensionamento di chi ha già raggiunto l’età e il blocco del turn over’ non è la solita bugia, ma un qualcosa di più complesso. Significa molto semplicemente che a disposizione degli alunni ci sarà sempre meno personale. O il Premier è un maestro della Retorica moderna oppure i suoi sostenitori sono particolarmente addormentati, dato che con queste parole egli nega una cosa che gli viene contestata dicendo che questa cosa è vera.
Ma parliamo di cose importanti.

Il Decreto Legge 1 settembre 2008 n. 137 dice: ‘Le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali. Nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo-scuola’.
Se i maestri possono lavorare solo 24 ore a settimana e se 6 per 4 fa 24, quali insegnanti si occuperanno dei bambini durante le ore pomeridiane? Chi pagherà tali insegnanti, le scuole? E con quali soldi? L’argomento lasciato in sospeso dal Decreto Legge ci fa pensare che nel tempo pieno potrebbero entrare in ballo i privati, ai quali già vengono appaltate pulizie che non vengono fatte e mense mal gestite. E chi pagherà questi privati? Lo Stato o le famiglie? Se li pagherà lo Stato, quanto verranno a costare in più rispetto alla spesa che ha voluto tagliare? Se li pagheranno le famiglie, in quanti saranno in grado di permetterselo, coi tempi che corrono?
Corre in nostro aiuto il Piano Programmatico del governo, che recita: ‘potranno continuare ad essere utilizzati, in caso di carenza di docenti specializzati, docenti specialisti esterni alle classi, per l’intero orario settimanale di docenza previsto dal CCNL’.
Con un taglio di 87.000 docenti volete che non ci sia carenza di docenti specializzati?
A proposito di privati, se avete letto il Decreto Legge e il Piano Programmatico, avrete notato che sono gli unici a non venire toccati.
Ma il tempo pieno è un argomento marginale, lo sanno tutti. Le statistiche ufficiali del Ministero dicono che nel 2007 solo il 90% delle famiglie del Nord e il 70-80% delle famiglie del Sud ne hanno fatto richiesta. A chi volete che interessi il tempo pieno?
Non c’è che dire, è davvero un provvedimento a favore della famiglia, in particolar modo della donna.
Per quanto riguarda ‘l’insegnante di lingua straniera, religione e di informatica’, il Piano Programmatico ci chiarisce le idee dicendo che ‘si porranno in essere le azioni finalizzate alla realizzazione di una intensiva formazione dei docenti che non hanno ancora il titolo per poter insegnare la lingua inglese’. Traduzione: spariranno i docenti specialisti di lingua inglese e questo verrà affidato a un docente preparato alla bella e buona.
Ancora il Piano Programmatico: ‘saranno attivati corsi di riconversione professionale per i docenti, facenti parte delle classi di concorso in esubero, nonché corsi relativi ad altre tipologie di docenti, ai fini dell’inserimento in classi di concorso più ampie’. Traduzione: se prima bisognava essere specializzati, ora non occorre più.
Il Piano Programmatico afferma che il docente unico è più funzionale “all’innalzamento” (sic, tra virgolette) degli obiettivi di apprendimento, con particolare riguardo all’acquisizione dei saperi di base, favorisce l’unitarietà dell’insegnamento soprattutto nelle classi iniziali, rappresenta un elemento di rinforzo del rapporto educativo tra docente e alunno, semplifica e valorizza la relazione fra scuola e famiglia’.
Nella scuola di un tempo i saperi di base potevano essere riassunti con il detto ‘saper scrivere e far di conto’, ma oggi i programmi ministeriali sono molto più ampi rispetto al passato. Ora i bambini devono conoscere fin da piccoli l’inglese e l’informatica. Come può un unico insegnante conoscere tutto? E come può farlo senza tempo pieno e con una riforma che impone che ‘il rapporto alunni-classe si eleverà di uno 0,20 con riferimento all’anno scolastico 2009/2010 e di uno 0,10 in ciascuno dei due anni scolastici successivi’ (cito sempre dal Piano Programmatico)?
Questo, a conti fatti, significa classi di 30-35 alunni.
I signori ai quali sta a cuore l’innalzamento tra virgolette degli obiettivi di apprendimento dovrebbe essere noto che il numero elevato di alunni, oltre che rendere impossibile il seguirli da vicino e altre cose, non permette ai docenti di interrogare oralmente almeno due volte a quadrimestre ogni alunno, e così i maestri dovranno fare ricorso a test, quiz o prove scritte il cui voto dovrà supplire il voto dell’interrogazione. Questo non aiuterà le nuove generazioni ad imparare ad esprimersi oralmente in modo corretto e peggiorerà una situazione già tragica.

Scriveva Luca Ricolfi su La Stampa del 25 settembre 2008: ‘Se la scuola elementare italiana fosse così ben congegnata come ripetono i suoi paladini, forse non osserveremmo quotidianamente quel che invece osserviamo. E cioè che sia nelle scuole medie sia (incredibilmente) all’università tantissimi ragazzi, oltre a fare errori di grammatica e ortografia con cui un tempo nessuno avrebbe preso la licenza elementare, non sanno organizzare un discorso né a voce né per iscritto, non sono in grado di progettare una tesi o una tesina, non conoscono il significato esatto delle parole, fanno sistematicamente errori logici, non sanno spiegare un concetto né costruire un’argomentazione, insomma non capiscono e non riescono a farsi capire se non in situazioni ultra-semplici’.
Siamo sicuri che diminuire le ore di lezione, aumentare il numero di alunni per classe e tagliare sul numero degli insegnanti sia la soluzione migliore a questo gravissimo problema?
In molti hanno riflettuto su di esso, tanti quanti sono quelli che non sono stati ascoltati ogni volta che si è messo mano alle varie riforme degli ordinamenti scolastici.
Le cause di questa disgraziata situazione italiana sono molteplici e ramificate, vengono da lontano e per parlarne occorre fare un passo indietro.
All’inizio fu la Riforma Gentile, in epoca fascista. La scuola gentiliana era basata sul nozionismo: la mente dell’alunno è un guscio vuoto da riempire con nozioni che non debbono essere discusse.
Nel secondo dopoguerra dagli U.S.A. arrivarono concetti pedagogici innovativi e anche la scuola italiana ha abbracciato lentamente le idee del cognitivismo.
Il cognitivismo mette lo studente al centro del processo di apprendimento, è lui l’attore protagonista di questo processo e non più il contenitore vuoto che voleva Gentile.
Una rivoluzione copernicana per la didattica. Ora lo scopo era sviluppare la capacità del ragazzo di collegare i concetti tra loro e ampliare il numero di collegamenti, e non soltanto di apprendere singole nozioni a memoria, separate le une dalle altre come blocchi.
Purtroppo il passaggio dei sistemi di insegnamento dal nozionismo al cognitivismo in Italia si portò dietro l’errore madornale di fare un fascio di tutto ciò che la riforma Gentile aveva portato.
Nozionismo e autorità del maestro vennero messi frettolosamente sullo stesso piano come eredità malsane del regime. Così il garantismo insolente della fine degli anni 60 credette che gerarchia fosse sinonimo di fascismo, anche perché di quella parola nel ventennio aveva fatto indigestione, e buttò via il bambino e l’acqua sporca, mettendo l’allievo e il maestro ‘alla pari’. Chiunque ricordasse che l’idea che il maestro debba avere autorità non è di origine fascista ma è ben più antica, era automaticamente bollato come fascista.
Tutto questo accadde contemporaneamente al crescere esponenziale dell’allegra macchina da guerra del consumismo, che costruiva nei giovani il suo più grande bacino di utenti e creava il virus del culto del divertimento al quale nessuno poteva sfuggire, pena l’isolamento sociale, sfruttando i meccanismi psicologici tipici del branco. Quel virus col quale la TV dell’intrattenimento degli ultimi 30 anni ha forgiato milioni di italiani.
Oggi, nelle meccaniche scolastiche, lo studente continua ad essere attore protagonista, ma di un copione (le materie scolastiche) del quale non ha alcun interesse e, peggio, non ne capisce l’importanza.
Gettare via le gerarchie annullando la distanza fra insegnanti e alunni ha sminuito l’insegnante stesso al punto che l’alunno è portato a pensare: ‘Se chi mi insegna è come me, cosa ha da insegnarmi?’
L’ingresso dei genitori nella vita scolastica, lo svilimento e la delegittimazione continua alle quali è stato sottoposto il corpo docenti nel corso degli anni non hanno fatto altro che aggiungere il peggio al peggio.
Oggi l’insegnante è per la maggior parte dei ragazzi quanto di più lontano dall’educatore. Lo dicono ben chiaro i genitori che difendono i loro figli anche di fronte all’evidenza di colpa più sfacciata, magari dicendo ‘lei è pagato per insegnare la materia e non per sostituirsi alla famiglia’. Quella famiglia che oggi non ha tempo né voglia di educare i bambini e delega tutto alla Playstation, quella famiglia che si meraviglia se i ragazzini si ubriacano o si drogano, sperando che il proprio, col quale non si riesce proprio a parlare, non sia come quelli che vede al TG della sera.

Berlusconi: ‘Un’altra falsità che si dice è che vogliamo chiudere le scuole. Non è vero, noi pensiamo a una razionalizzazione del personale, cosa prevista anche dal governo di centrosinistra. Per le comunità montane abbiamo previsto che un preside e un segretario possano occuparsi di due o più scuole con meno di 50 alunni’.
La Legge 6 agosto 2008, n. 133 dice che bisogna fare economie ‘non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012’.
La Legge 6 agosto 2008, n.133 dice che ‘nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti’.
Il Decreto Legge 7 ottobre 2008, n. 154 aggiunge una modifica all’art. 64 della Legge 133 con cui ‘diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica’, minacciando commissariamenti e altre cose.
Vedete un po’ voi se non è vero che il Premier vuole chiudere le scuole.
Da notare che il complicato meccanismo per chiudere 4.000 istituti scolastici è ideato dal governo che si vanta di avere tra le sue fila un Ministro della Semplificazione.
Nella sola regione Piemonte, per esempio, chiuderanno 816 istituti su 1366. Traduzione: più bambini e ragazzi in autobus per le strade, più spese da affrontare, più pericoli.
L’Italia delle piccole e medie comunità, la maggioranza degli italiani, non viene presa per niente in considerazione e si deve adattare per forza o per amore alla legge degli uomini del palazzo, che queste realtà non le conosce o se le è scordate.
È vero che questa idea di ‘razionalizzare’ l’ha avuta per primo un governo di sinistra, anni fa, ma una stupidaggine rimane una stupidaggine.
Ma il governo attuale per accaparrare consenso utilizza da sempre, e questa volta come non mai, un populismo rozzo ma efficace facendo leva sui ricordi dei bei tempi andati. A tutti piacciono i bei tempi andati.
I TG interpellano a proposito del maestro unico e l’intervistato ripensa con nostalgia a quando andava a scuola 20, 30, 40 anni fa. Naturalmente quelli che rispondono diversamente non vengono mandati in onda, si capisce.
I nostalgici del libro Cuore però non pensano per niente al fatto che oggi la società è totalmente diversa da quella nella quale hanno vissuto la loro infanzia, non capiscono e non si rendono conto che allora i bambini avevano un rapporto diverso con i loro insegnanti.
Chiedetelo ai vostri nonni. I maestro era stimato e onorato, ed era un punto di riferimento non solo all’interno della scuola, ma per l’intera società.
Come potete pretendere di fargli riconquistare la dignità, l’unica cosa che potrà essere la chiave di volta per la ricostruzione della scuola, quando persino il Ministro lo chiama ‘fannullone’?
La disciplina è un fatto mentale, è una visione della società, e non è per forza una cosa negativa.
Non la si riconquista introducendo un voto in condotta, che può essere un passo iniziale, ma ricordatevi che una volta si veniva bocciati col 7 in condotta.
E neanche il grembiulino servirà a qualcosa, perché se oggi c’è l’alunno vestito Armani e l’alunno sfortunato, domani ci sarà il bambino col grembiulino Armani e l’altro col grembiulino del Lidl.

I CARE

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Gli analfabeti non vengono menzionati dalla storia altro che quando uccidono i letterati.
E questo avviene proprio perché sono analfabeti e prima di quel giorno non sanno scrivere né farsi in altro modo valere e così son condannati a scrivere solo colla punta dei loro forconi quando è già troppo tardi per esser conosciuti e onorati dagli uomini per quelli che erano innanzi a quel triste giorno.

Estratto da ‘Università e pecore’ (dalle Lettere di don Lorenzo Milani a cura di Michele Gesualdi)
Scritta da don Lorenzo all’amico magistrato Giampaolo Meucci, la lettera non è mai stata terminata.

Il testo completo potete trovarlo qui:
http://www.giovaniemissione.it/testimoni/donmilan.htm
Ve ne consiglio la lettura per poter capire un mondo che non c’è più e per arrivare preparati al mondo che verrà.

Scritto di pugno di don Lorenzo Milani

Scritto di pugno di don Lorenzo Milani

Written by nevevalenti

27 settembre 2008 at 5:27 PM